Quel Paradiso di Ravenna
Che Ravenna sia un angolo di paradiso è indiscutibile: parliamo di una città di rara bellezza, che racchiude ben otto monumenti Patrimonio dell’Umanità ed è tempestata di maestosi mosaici d’epoca paleocristiana e bizantina. Pura estasi, insomma, per gli occhi di chi ama la storia e la cultura, nonché quegli angoli che sembrano racchiudere in sé la vera essenza dell’Italia.
Ma è Paradiso anche in senso altro: fu infatti proprio nella città emiliana che Dante decise di ultimare la sua più grande opera, la Divina Commedia.
La scelta fu favorita dall’allora padrone della città, Guido Novello da Polenta, che, offrendogli la carica di ambasciatore a Venezia, presso il doge Giovanni Soranzo, gli diede la possibilità di coltivare i suoi studi e terminare la stesura della celebre trilogia presso l’antica capitale bizantina: occasione allettante dopo il lungo peregrinare lontano da Firenze.
Si presume che il poeta sia stato a Ravenna già prima, nel 1303 e nel 1310, quando ebbe attraversato la pineta di Classe, da cui trasse probabilmente ispirazione per la “selva oscura” con cui si apre l’Inferno e che è citata più esplicitamente nel Purgatorio XXVIII, vv. 16-21:
ma con piena letizia l’ore prime,
cantando, ricevieno intra le foglie,
che tenevan bordone a le sue rime,
tal qual di ramo in ramo si raccoglie
per la pineta in su ‘l lito di Chiassi,
quand’Eolo scilocco fuor discioglie.
Tra reperti concreti e voci di popolo
Ma ci sono altri luoghi a cui Dante è legato. Uno fra questi è la Basilica di San Francesco, chiamata “chiesa di Dante” perché il poeta vi si recava a meditare. Ciò che più incuriosisce del legame tra lo scrittore e la basilica sono alcune voci che circolano tra le bocche dei ravennati: si dice che il manoscritto originale, che contiene gli ultimi versi del Paradiso, sia stato murato nella struttura. Considerando che non siamo in possesso di alcun autografo dell’autore, recuperare quelle pergamene significherebbe realizzare il sogno di tanti filologi e letterati.
Originariamente collegato alla chiesa di San Francesco era il Quadrarco di Braccioforte, l’oratorio nel cui giardino si trova un rudere dell’antico muro in cui vennero nascoste le ossa di Dante.
Lì vicino, si trova invece l’attuale tomba, che segue i canoni neoclassici settecenteschi e fu progettata dall’architetto Camillo Morigia.
La presenza tangibile del Sommo è soprattutto nel Centro Dantesco Dei Frati Minori di Ravenna, dove è situata la biblioteca che accoglie codici, incunaboli, edizioni a stampa di importanti opere di Dante e su Dante. Qui è collocato anche il Museo che espone le principali opere artistiche – in particolare piccola scultura e medaglie in bronzo, se non curiosi cimeli come la cassetta di legno che contenne le ossa del poeta dal 1677 al 1865 – acquisite soprattutto in occasione delle Biennali Internazionali Dantesche e delle altre manifestazioni artistiche promosse lungo gli anni.
Le nuove orme del Poeta
Dante continua comunque a lasciare le sue tracce in giro per Ravenna, soprattutto quest’anno, in cui ricorre l’anniversario dei 700 anni dalla sua morte. E così Piazza San Francesco si tinge di 1100 metri quadrati di carta e poesia:
https://www.instagram.com/p/CRGkmw_sA7m/
in via Pasolini compare il ritratto del celebre street artist brasiliano Eduardo Kobra:
https://www.instagram.com/p/COz2c_TIbGQ/
e l’illustratrice Elisa Lancorelli porta il sua visione del Sommo, insieme ad altri artisti, alla mostra Dante Plus 700, visitabile dal 9 luglio al 5 settembre:
https://www.instagram.com/p/CRGtR89KjS1/