Possiamo dirlo senza timore di essere smentiti: il sale è…il sale della gastronomia! Anche se non è impossibile, è di certo molto arduo pensare a un antipasto, a un primo o a un secondo che, in dosi adeguate, non possa giovare del famoso “pizzico di sale”. La sensazione di sapidità che il sale è in grado di trasmettere al palato è uno dei tanti terreni di scontro su cui si è combattuta, e continua a combattersi, una guerra a colpi di manicaretti, ricette e abitudini alimentari. C’è chi senza torte, croissant e dolci al cucchiaio non potrebbe neanche iniziare la giornata. E non sono poche le persone che, al contrario, baratterebbero qualsiasi dolce leccornia per una piada, un panino al prosciutto o un piatto di saraghine marinate. Insomma, quella fra dolce e salato è una lotta che è destinata a continuare all’infinito, ma che in Romagna trova da sempre uno spazio dove sancire una tregua che suona tanto come un ossimoro: a Cervia, infatti, fin dall’età classica, viene prodotto una sale dolce, un oro bianco di inestimabile valore storico e culinario.
Come dicevamo, il sale di Cervia è conosciuto da lungo tempo come un sale dolce. Strana combinazione di parole, considerando che, almeno a livello linguistico, questi due termini si trovano ai poli opposti. È pur vero che in cucina il sale non è un inibitore del gusto dolce, anzi, se presente in piccole quantità all’interno di una ricetta ne esalta la dolcezza, ma se si cerca un cristallo di cloruro di sodio in grado di insaporire senza salare, bene, l’unico posto dove potete recarvi è Cervia.
Dall’età classica a oggi: storia della Salina di Cervia
La salina di Cervia è la più settentrionale di Italia: si tratta di un’area di 827 ettari, che conta al proprio interno oltre 50 bacini circondati da un canale di 16km che consente all’acqua del mare Adriatico di circolare nella salina. L’acqua entra nel canale immissario che si trova nei pressi di Milano Marittima, per poi iniziare il proprio lungo viaggio scandito dal ritmo delle correnti e dal complesso sistema di chiuse, porte vinciane e canali circondariali che la distribuiscono all’interno dei vari bacini. Una volta depositato il proprio sapido tesoro, le acque madri vengono “accompagnate all’uscita” posta accanto alla Torre di San Michele, l’imponente fortificazione che difendeva il prezioso cristallo stoccato nell’adiacente Magazzino del Sale. E sono proprio queste due costruzioni dal grande fascino storico a testimoniare l’esistenza di un legame antichissimo fra il sale dolce di Cervia e la città.
Le origini delle saline di Cervia si perdono nell’antichità classica; qualcuno le ricollega alla presenza etrusca, altri alla colonizzazione greca citando, a sostegno di tale tesi, il vecchio toponimo di Cervia, Ficocle, di sicura origine greca. Quello che è certo, comunque, è che già ai tempi dei Romani, la produzione del sale in queste zone era florida e fonte di ricchi commerci che avevano come crocevia principale la vicina Ravenna, sede delle legioni dirette nelle Gallie. Dal Medioevo fino alle porte del XVIII secolo, la produzione e il commercio del sale crescono al punto che l’antico borgo di Cervia venne spostato per far spazio a nuovi bacini di raccolta. Ma dove aveva origine la fama che circondava il sale dolce della città? La risposta è una e si scrive “metodo cervese”.
Il metodo cervese
Come spesso accade, fu Madre Natura a tendere una mano agli abitanti di Cervia mettendoli nelle condizioni di poter sviluppare il metodo detto “cervese”. Ma è anche vero che solo un’indole caparbia, ingegnosa e mai doma come quella dei romagnoli sarebbe stata in grado di intravedere nelle difficili condizioni pedoclimatiche dell’alto Adriatico un elemento da sfruttare a proprio favore. Infatti, le temperature più basse e il maggior numero di precipitazioni rispetto al mediterraneo meridionale, zona dove si concentrano la maggior parte delle saline, costrinsero i salinai a optare per un metodo di raccolta multipla dilazionato nel tempo. Invece di raccogliere il sale in un’unica soluzione da un solo bacino, questi uomini presero di dividere il proprio bacino di raccolta in cinque piccoli settori. La raccolta del sale avveniva quotidianamente, partendo dal primo di questi settori e arrivando, dopo cinque giorni, all’ultimo.
Ciò permetteva ai salinai di portare sul mercato ogni giorno quantità minori di sale, ma di un sale di qualità eccezionale. La raccolta dilazionata e costante impediva infatti la formazione dei cloruri amari, come il solfato di magnesio, di calcio, di potassio e il cloruro di magnesio. Queste sostanze hanno infatti bisogno di più tempo e di temperature maggiori per cristallizzare, cosa che non era possibile al ritmo con cui procedevano i salinai di Cervia e alle condizioni climatiche che caratterizzano tutt’ora il territorio. Quello che si ricavava era perciò un sale “dolce”, costituito di cloruro di sodio purissimo, ricco di oligoelementi come iodio, zinco, rame, magnese, ferro, calcio, magnesio e potassio.
Dalla chiusura al Presidio Slow Food
Nel 1959 la storia della salina di Cervia prende una piega inaspettata: la proprietà passa nelle mani dei Monopoli di Stato che appoggiano la scelta della direzione di abbandonare la tradizione per abbracciare la modernità. I 144 bacini saliferi, in cui per centinaia di anni era stato raccolto manualmente il sale dolce di Cervia, vengono trasformati in un unico, grande specchio d’acqua. La salina di Cervia, suo malgrado, accoglie il “metodo francese”, e cioè raccolta dei cristalli di cloruro di sodio una volta all’anno con mezzi meccanici, compiendo il primo passo verso il capitolo più buio e più triste della sua storia. Nel 1998, anche a causa della lunga, tortuosa e complicata ristrutturazione a cui andò incontro il Monopolio di Stato, la Salina di Cervia fu chiusa dopo più di duemila anni di attività. Di fronte al triste spettacolo dei bacini vuoti, il comune di Cervia si attivò per ottenere la gestione delle Saline. Nel 2003 venne fondata la Società di gestione Parco della Salina di Cervia, che da allora si occupa della tutela e della valorizzazione di questo sito.
Nonostante la produzione nella salina “grande” da allora abbia ripreso utilizzando tecniche moderne e l’ausilio di mezzi meccanici, il risultato finale è un sale dolce di altissima qualità, nonostante il metodo con cui viene ottenuto non sia più quello manuale a raccolta multipla. Dei 144 bacini in cui era divisa la salina, ne è rimasto uno solo, la Salina Camillone, affidata alle cure dell'Associazione Gruppo Culturale Civiltà Salinara di Cervia, dove la raccolta del sale avviene ancora con il metodo “cervese”. Si tratta di una vera e propria sezione vivente del Museo del Sale, il cui sale dolce di Cervia è stato riconosciuto come Presidio Slow Food nel 2004, proprio per la qualità e per il suo valore culturale e storico.